Velphoro, il cui principio attivo è Ossi-idrossido sucroferrico ( noto anche come miscela di Ossiidrossido di ferro ( III ) polinucleare, saccarosio e amidi ), trova indicazione nel controllo dei livelli ematici di fosforo nei pazienti adulti affetti da malattia renale di lungo termine che si sottopongono a emodialisi o dialisi peritoneale per eliminare i rifiuti dal sangue.
Velphoro è usato in combinazione con altri trattamenti, tra cui integratori di Calcio o Vitamina-D, che contribuiscono a controllare le malattie ossee correlate a insufficienza renale ed elevati livelli di fosforo.
Velphoro è disponibile sotto forma di compresse masticabili ( contenenti 500 mg di Ferro ). La dose iniziale raccomandata è di 1500 mg ( 3 compresse ) al giorno, suddivisi in dosi assunte nei pasti della giornata.
La dose di Velphoro deve essere aggiustata ogni 2-4 settimane, fino a raggiungere un livello di fosforo accettabile nel sangue, che successivamente va tenuto monitorato.
La dose massima è di 3 000 mg ( 6 compresse ) al giorno.
I pazienti devono seguire la dieta prescritta a basso contenuto di fosforo. Le compresse devono essere masticate e non-inghiottite intere.
I pazienti con grave insufficienza renale non sono in grado di eliminare il fosforo dall’organismo. La conseguenza è una iperfosfatemia ( elevato livello di fosfato nel sangue ) che nel lungo termine può provocare complicazioni quali cardiopatie e malattie ossee.
Il principio attivo di Velphoro, Ossi-idrossido sucroferrico, è un legante del fosfato. Assunto ai pasti, il ferro contenuto in Velphoro si lega al fosfato presente nel cibo che transita nell’intestino, impedendone l’assorbimento nell’organismo e contribuendo in tal modo a mantenere bassi i livelli di fosfato nel sangue.
Velphoro è stato studiato nell’ambito di uno studio principale cui hanno partecipato 1059 adulti con insufficienza renale cronica e iperfosfatemia. Tutti i pazienti erano in dialisi e sono stati trattati con Velphoro o con Sevelamer, un altro legante del fosfato, per 6 mesi.
A distanza di 6 mesi, più della metà dei pazienti ha potuto proseguire lo stesso trattamento per un periodo massimo di un anno, mentre un gruppo più esiguo ha ricevuto Velphoro a una dose inferiore per tre settimane soltanto.
Lo studio ha esaminato le variazioni del livello di fosfato nel sangue, misurate in unità di mmol/L.
Velphoro è risultato efficace quanto Sevelamer nel ridurre i livelli di fosfato nel sangue dei pazienti e nel mantenere questo effetto nel tempo.
Dopo 3 mesi di trattamento, i livelli di fosfato nel sangue sono diminuiti in media di 0.7 mmol/L con Velphoro rispetto a 0.8 mmol/L con Sevelamer, mentre dopo 6 mesi di trattamento il 53 % dei pazienti in cura con Velphoro ha mostrato livelli di fosfato nella normalità ( compresi tra 1.13 e 1.78 mmol/L ) rispetto al 54 % dei pazienti in cura con Sevelamer.
Nei soggetti la cui dose di Velphoro è stata successivamente diminuita, i livelli ematici di fosfato sono aumentati dopo 3 settimane, mentre nei soggetti che hanno continuato ad assumere la stessa dose fino a un anno i livelli sono rimasti stabili.
Gli effetti indesiderati più comuni di Velphoro ( che possono riguardare più di 1 persona su 10 ) sono diarrea e feci ipocromiche, che possono diventare meno frequenti in caso di proseguimento della terapia.
Velphoro non deve essere usato in pazienti con disturbi da accumulo di ferro come emocromatosi.
Il Comitato per i medicinali per uso umano ( CHMP ) dell’European Medicines Agency ha deciso che i benefici di Velphoro
sono superiori ai rischi. Il CHMP ha concluso che Velphoro ha mostrato un chiaro effetto benefico nel ridurre i livelli di fosfato. Non sono emersi aspetti critici importanti in relazione alla sicurezza e, benché la tollerabilità sia leggermente inferiore
rispetto a Sevelamer, il profilo di sicurezza complessivo è risultato accettabile. Il rischio di un accumulo abnorme di ferro è stato considerato limitato, ma deve essere tenuto sotto controllo dopo l’autorizzazione. ( Xagena2014 )
Fonte : EMA, 2014
Nefro2014 Farma2014