La fibrillazione atriale è il più frequente disturbo del ritmo cardiaco e colpisce oltre 6 milioni di persone in Europa. Le persone che soffrono di fibrillazione atriale hanno un rischio quintuplo di essere vittime di ictus rispetto alla popolazione comune, e circa un terzo di esse andrà incontro a un ictus.
Il battito cardiaco irregolare rende i pazienti con fibrillazione atriale vulnerabili alla formazione di trombi a livello atriale; i coaguli di sangue possono poi spostarsi fino a raggiungere il cervello e provocare un ictus.
L’ictus è causa di danni al cervello, che possono comportare sia danni fisici sia problemi comportamentali, o persino la morte.
Il trattamento standard per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale è rappresentato dal Warfarin ( anche noto come Coumadin ), un antagonista della vitamina K.
Il trattamento con Warfarin, seppur altamente efficace, è assai complesso; le persone trattate con l’antagonista della vitamina K devono sottoporsi a uno stretto monitoraggio con frequenti visite di controllo. Inoltre, una parte considerevole di persone che assume Warfarin presenta valori INR non-adeguatamente controllati, e spesso non nel range terapeutico.
Inoltre, il Warfarin interagisce con diversi farmaci e alimenti.
In particolare, gli anziani con fibrillazione atriale hanno una maggiore probabilità di avere un INR mal controllato a causa di co-morbidità. La necessità di frequenti cambiamenti di dosaggio può essere associata a scarsa aderenza al trattamento.
Il Warfarin influisce negativamente sulla qualità di vita.
Il NICE ( National Institute for Health and Clinical Excellence ) ha riconosciuto i potenziali benefici di soluzioni alternative al Warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale; tra queste Rivaroxaban ( anche noto come Xarelto ) per l’efficacia ma anche per il suo effetto positivo sulla qualità di vita.
Rivaroxaban è un anticoagulante che inibisce direttamente il fattore X attivato ( fattore Xa ). Il fattore Xa è un componente chiave nella formazione dei coaguli di sangue. Rivaroxaban è stato approvato nella prevenzione dell’ictus e della embolia sistemica nei pazienti adulti con fibrillazione atriale non-valvolare con uno o più fattori di rischio, quali: insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, età uguale o superiore ai 75 anni, diabete mellito, precedente ictus o attacco ischemico transitorio ( TIA ).
L’approvazione è avvenuta grazie a ROCKET-AF, uno studio prospettico, randomizzato, in doppio cieco, double-dummy, a gruppi paralleli, che ha confrontato Rivaroxaban, somministrato 1 volta al giorno al dosaggio di 20 mg ( 15 mg per i pazienti con forma moderata di insufficienza renale ) con la dose aggiustata di Warfarin ( INR: 2.5 ) in 14.264 pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare, che erano a rischio di ictus o di embolia sistemica non-cerebrale.
ROCKET-AF è uno studio guidato dagli eventi ( event-driven ), che si è concluso quando è stato raggiunto il numero pre-specificato di eventi. L'obiettivo primario dello studio ROCKET-AF è stato quello di dimostrare che l'efficacia di Rivaroxaban, una volta al giorno, fosse non-inferiore a quella del Warfarin con valori INR ottimali nella prevenzione di ictus e di embolia sistemica non-cerebrale.
Il principale endpoint di sicurezza dello studio ROCKET-AF era un composito di gravi sanguinamenti e di sanguinamenti non-gravi ma clinicamente rilevanti.
Nell’analisi per protocollo, Rivaroxaban è risultato non-inferiore al Warfarin, con 1.7 eventi per 100 anni-paziente ( braccio Rivaroxaban ) rispetto a 2.2 eventi per 100-anni paziente ( braccio Warfarin ) ( p inferiore a 0.001 per la non-inferiorità ).
Riguardo alla sicurezza, non sono state riscontrate differenze significative tra Rivaroxaban e Warfarin; i tassi di sanguinamento grave e di sanguinamento non-grave ma clinicamente rilevante sono stati, rispettivamente, pari a 14.9% su base annua nei pazienti trattati con Rivaroxaban e a 14.5% su base annua nei pazienti trattati con Warfarin ( p=0.44 ).
Rivaroxaban ha ridotto il rischio di emorragia intracranica del 33% e il rischio di sanguinamento ad esito fatale del 50%. ( Xagena2012 )
Fonte: NICE, 2012
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