Il Comitato scientifico ( CHMP ) dell'EMA ( European Medicine Agency ) ha dato parere positivo all'approvazione di Gazyvaro ( Obinutuzumab ) in combinazione con la chemioterapia a base di Bendamustina ( Levact ) seguita da terapia di mantenimento con Gazyvaro da solo per i pazienti con linfoma follicolare che non rispondono oppure che vanno incontro a progressione entro 6 mesi nonostante una terapia a base di Rituximab ( MabThera ).
La raccomandazione del CHMP si basa sui risultati dello studio di fase III GADOLIN che ha mostrato che, nei pazienti con linfoma follicolare, che non hanno risposto o con progressione della malattia durante o entro 6 mesi dalla terapia con Rituximab il trattamento con Obinutuzumab più Bendamustina seguita dal solo Obinutuzumab ha prodotto una riduzione del 52% ( hazard ratio, HR=0.48, IC 95%, 0.34-0.68, p inferiore a 0.0001 ) del rischio di peggioramento della malattia o di mortalità ( sopravvivenza libera da progressione, PFS ), rispetto alla Bendamustina da sola sulla base della valutazione di un Comitato di revisione indipendente ( IRC ).
La sopravvivenza mediana libera da progressione, nei pazienti trattati con la combinazione Obinutuzumab più Bendamustina non era stata ancora raggiunta, contro i 13.8 mesi del gruppo che aveva ricevuto la sola Bendamustina.
Sulla base di una valutazione effettuata dagli sperimentatori, la sopravvivenza mediana libera da progressione con Obinutuzumab è risultata più che doppia rispetto a quella ottenuta con la sola Bendamustina ( 29.2 mesi vs 13.7 mesi; HR = 0.48, IC 95% 0.35-0.67, p inferiore a 0.0001 ).
GADOLIN è uno studio in aperto, di fase III, multicentrico, randomizzato, a due bracci che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di Obinutuzumab più Bendamustina verso la sola Bendamustina in 396 pazienti con linfoma non-Hodgkin ( NHL ) indolente la cui malattia era progredita nonostante un regime a base di Rituximab.
End point primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione valutata dal Comitato di revisione indipendente, mentre gli endpoint secondari erano rappresentati dalla sopravvivenza libera da progressione valutata dal ricercatore, dalla migliore risposta globale, dalla risposta completa, e dalla sopravvivenza globale, e dal profilo di sicurezza.
Il regime a base di Obinutuzumab ha ridotto il rischio di mortalità ( sopravvivenza globale ) del 38% rispetto alla sola Bendamustina sulla base di una analisi post-hoc di 8 mesi dopo l'analisi primaria ( HR=0.62, IC 95%, 0.39-0.98 ).
La sopravvivenza globale mediana non è ancora stata raggiunta in nessuno dei due bracci dello studio.
I più comuni eventi avversi di grado 3-4 ( almeno il 2% o superiore ) in quelli trattati con Obinutuzumab più regime a base di Bendamustina, rispetto a quelli trattati solo con Bendamustina erano: basso numero di globuli bianchi ( neutropenia, 33% vs 26% ), reazioni da infusione ( 11% vs 6% ) e infezioni delle vie urinarie ( 3% vs 0% ), rispettivamente.
Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale che è stato disegnato in modo da legarsi alla proteina CD20 sulla superficie dei linfociti B. ( Xagena2016 )
Fonte: Roche, 2016
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